domenica 29 novembre 2015

Fratello unico

Un libro trovato per caso su uno scaffale di una libreria che sta per chiudere. Il titolo suona interessante anche perchè contiene una parola per me magica: "fratello". Ed ecco che entra prepotentemente nella toplist dei libri del momento visto che ho la cattiva abitudine di praticare la lettura in parallelo. L'argomento è quello giusto e noto e mi stupisco di non avere sentito parlare prima del libro. Karl parla in prima persona di sè e della sua esperienza con il fratello di Noah, autistico a basso funzionamento nato a metà degli anni sessanta. Si trattava di un periodo di scoperta della sindrome, che adesso, anche in considerazione di una diffusione consistente viene affrontata con metodi e terapie tra i più diversi e controversi, da quelli cognitivo comportamentali alle diete specifiche. Allora l'autismo era un campo di studio pressochè vergine con poche esperienze di cura efficace e molti  punti interrogativi senza una risposta. Nel libro una parte sicuramente interessante riguarda lo sforzo della famiglia di Karl e Noah di trovare una cura efficace per l'autismo attraverso l'inevitabile pellegrinaggio  da uno specialista ad un altro. E' così che possiamo accedere alla prospettiva di un genitore che a quei tempi si arrabattava, per fortuna non senza spirito critico, tra le varie proposte terapeutiche. Infatti i genitori di Karl sono "costretti" a fre i conti con i potenziali sensi di colpa generati dall'approccio psicodinamico di Bettelheim (La Fortezza vuota, 1967) volto a ricondurre gli esiti della sindrome ad una rapporto disfunzionale nella diade madre bambino, in cui "sentimenti materni di indifferenza, negativi o ambivalenti, si presentano quali spiegazioni dell'autismo infantile".  Oppure come pionieri della terapia ABA di Lovaas, scandinavo precursore degli approcci cognitivo comportamentali (compreso l'uso di avversivi fisici o elettroshock). Karl descrive in modo molto competente la fioritura di approcci per una sindrome pressochè sconosciuta ed incompresa (come oggi?).
Karl e Noah oggi
Veramente significativo il vissuto di sibling che si viene a dipanare nel racconto fino ad arrivare al disincanto della speranza che incontra la realtà. (sono volutamente vago per non svelare troppo la trama). Inoltre, Karl, pur descrivendo in modo chiaro le sue vicissitudini tipiche del sibling, non si definisce mai come prototipo del fratello, ma anzi assume un atteggiamento singolare: ci tiene molto ed a più riprese a sottolineare il fatto che lui è Karl con una propria identità indipendente dal fatto di essere fratello di Noah; non vuole essere "ridotto al fratello di...", anche se in alcuni casi potrebbe fargli molto comodo, ad esempio nel significare (o giustificare) la sua attrazione prima e dipendenza poi dalle sostanze stupefacenti. Karl non cerca scuse per la sua adolescenza turbolenta che ad un certo punto addirittura porta i genitori ad essere più preoccupati per lui che per Noah, anche se riconosce il fatto che la vita di famiglia sia stata condizionata pesantemente dall'autismo di suo fratello. In ogni caso ci tiene alla propria identità e se ne assume fino in fondo la responsabilità. Il finale va scoperto ma può bastare dire che Karl non smette, ancora oggi, di testimoniare la condizione di un autistico grave adulto e della mancanza di risorse e di attenzione per questa categoria di persone con disabilità.

Per chi vuole approfondire trova su YouTube un video documentario sulla famiglia di Karl e Noah girato a più riprese a distanza di molti anni. Alcune dichiarazioni sono sconvolgenti. Lo trovate sotto "60 Minutes Noah, part 1 e 2".

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